Villanova delle Grotte
(frazione di Lusevera, in provincia di Udine).

Lusevera
La grotta venne scoperta nel 1925 da un abitante del luogo, Pietro Negro. Quasi
subito egli fondò insieme ad altri locali il Gruppo Esploratori e Lavoratori
delle Grotte di Villanova, che esplorò la cavità e la rese accessibile al
pubblico attraverso un accesso artificiale. Ancora oggi le visite guidate alla
grotta sono gestite dalla stessa associazione locale.
Le grotte dell'area di Villanova sono state esplorate da intere generazioni di
speleologi a partire dalla seconda metà del XIX secolo. Attualmente sono stati
esplorati e rilevati oltre quindici chilometri di gallerie La grotta Doviza o
Tazajama si apre nei pressi di Villanova delle Grotte (Lusevera, Udine) con tre
ingressi posti sul versante destro della valle Ta pot Cletia. La lunghezza delle
gallerie esplorate finora è superiore a tre chilometri. La grotta,
particolarmente complessa, si sviluppa su più livelli. I rami principali sono
percorsi da alcuni ruscelli che si uniscono nel Salone delle Confluenze. Le
prime esplorazioni della grotta Doviza risalgono alla seconda metà del XIX
secolo (1876), ma l'esplorazione ed il rilievo topografico più completi
risalgono al primo decennio del '900 ad opera di Giovanni Battista De Gasperi.
All'epoca delle prime esplorazioni erano noti solamente due ingressi, definiti
come Superiore ed Inferiore. La pianta topografica e la descrizione della cavità
vennero pubblicate nel 1916 sulla monografia Grotte e Voragini del Friuli
nell'ambito della rivista Mondo Sotterraneo del Circolo Speleologico ed
Idrologico Friulano. Nella seconda metà del '900 ulteriori contributi al rilievo
topografico della grotta vennero da speleologi di diverse associazioni friulane
ed isontine. La scoperta del terzo ingresso della cavità è avvenuta nel 2007.
La Grotta Nuova è particolarmente interessante poiché si tratta di una delle
maggiori cavità di contatto conosciute: si sviluppa infatti al contatto fra una
bancata di flysch. ( Il flysch, voce dialettale della Svizzera tedesca che
significa china scivolosa, è un complesso sedimentario composto da roccia
sedimentaria clastica, depostasi in ambiente marino tramite meccanismi
deposizionali di tipo gravitativo: principalmente frane sottomarine e correnti
di torbida ed una di conglomerato calcareo). Le gallerie principali sono
caratterizzate da una tipica sezione trapezoidale, col soffitto in conglomerato,
pareti in flysch e fondo coperto da sedime
Poco fuori dall'abitato di Villanova, presso il punto di ristoro "Terminal
Grotte" si trova l'ampio sentiero lastricato che conduce all'ingresso turistico
della Grotta Nuova.
Da qui inizia il nostro viaggio alla scoperta delle meraviglie che si celano nel
sottosuolo.
La galleria artificiale d'ingresso ci porta alla "Sala del Laghetto", dove un
piccolo lago d'acqua fredda e limpida fa da specchio ad un impressionante
"dente" di roccia che sporge dal soffitto, rimanendo sospeso sopra l'acqua.
Già in questo punto si possono vedere i due differenti tipi di roccia entro i
quali si è formata la grotta, un banco di Flysch calcarenitico ed un banco di
Flysch marnoso-arenaceo.

Dalla "Sala del Laghetto" iniziamo il nostro giro turistico lungo un agevole
cunicolo creato dall'acqua all'interno del possente banco calcarenitico. In
alcuni punti singolari "lame" di calcare pendono dal soffitto come lampadari
stilizzati.
Una breve sosta ci permette di ammirare una colata calcitica che scende dalla
parete come una cascata di ghiaccio, liscia e lucente.
Da un lato, alzando lo sguardo verso il soffitto della galleria, si può ammirare
il "Corridoio Magico", un cunicolo di forma triangolare, adorno di sottili
velette e bellissime stalagmiti. Da questo punto la galleria naturale risale
verso la parte alta della Grotta Nuova per arrivare, dopo circa 800 metri,
all'ingresso storico della grotta, in mezzo alle case di Villanova.
L'altra diramazione che parte dal bivio ci fa entrare nel magico "Ramo del
Paradiso", che deve il suo nome alla bellezza delle sue concrezioni. Ci segue il
costante suono dell'acqua e tutt'attorno vediamo stalattiti, stalagmiti, colate,
drappeggi che ci avvolgono e ci trasportano in un mondo da fiaba, dove la natura
ha creato forme uniche, scolpite in mille modi diversi.
In un angolo seminascosto riusciamo a scorgere la "dentiera", una graziosa
veletta con il bordo, appunto, dentellato.
Questo ramo termina in una piccola saletta, da cui si dirama un basso cunicolo
riservato agli speleologi che, dopo un lungo giro, si ricollega al ramo
principale molto più a monte del percorso turistico.
Tornando sui nostri passi e attraversando di
nuovo la "Sala del Laghetto", passiamo in una galleria non molto alta con il
soffitto spiovente, formatasi in questo modo per la presenza di una faglia.
In questo tratto la volta è ornata da decine di velette chiamate scherzosamente
"fette di pancetta" o "fette di prosciutto crudo", per le particolari venature
di diverso colore.
Poco più avanti la galleria si apre su un grande salone, chiamato dai primi
esploratori "Sala della Grande Frana" a causa della presenza di molti blocchi
rocciosi staccatisi da una parete durante antichissimi movimenti di faglie.
Qui il soffitto è ricoperto da esili "spaghetti" e da strane stalattiti
eccentriche,che si sono sviluppate quasi sfidando le leggi di gravità. Vediamo
due spaghetti uniti all'improvviso a formare un curioso rigonfiamento, e poi
separati di nuovo; gruppi di stalattiti dalle forme e dimensioni più varie,
concrezioni con colori che vanno dal bianco all'arancio intenso, stalagmiti che
crescono sul pavimento della sala come grossi funghi affusolati.

In questa sala troviamo anche una fedele riproduzione a grandezza naturale
dell'Ursus Spelaeus, il temibile Orso delle Caverne, alto fino a tre metri-tre
metri e mezzo, i cui denti canini potevano raggiungere la lunghezza di 10 cm.
Questo possente animale ha popolato l'area esterna alle Grotte per un periodo di
circa 200.000 anni, e si è estinto 10-12.000 anni fa. Sembra trovasse riparo
all'interno del grande portale dell'Abisso di Vigant, a circa 2 km da Villanova.
In un ramo fossile dell'Abisso infatti sono stati rinvenuti alcuni resti.<
Il torrente interno scorre sul fondo della sala, con suoni diversi a seconda del
flusso d'acqua; un placido gorgoglio o un rombo simile ad una cascata fanno da
"colonna sonora" alla nostra visita.
In fondo alla "Sala della Grande Frana" la galleria si abbassa e si restringe
per un breve tratto. Su una parete possiamo osservare gli strati del Flysch
marnoso - arenaceo piegati dalla forza dei movimenti tettonici, fino ad assumere
l'aspetto di un'onda marina.

Scendendo ancora entriamo in una vasta galleria. Su un grosso masso l'acqua cade
da una stalattite sul "Budino", una tozza stalagmite color arancio.

Il torrente interno crea innumerevoli giochi
d'acqua, ora scivolando su piatte lastre di arenaria, ora zampillando in mezzo a
blocchi rocciosi, dove forma piccole cascatelle.

In una zona un po' nascosta della galleria si
trova l'"Angolo dei Cristalli" con i suoi piccoli laghetti, le stalagmiti a
"candela", gli stretti anfratti ove le numerosissime concrezioni brillano sotto
le luci.

Ogni anno, in maggio o giugno, nell'ampia galleria che stiamo percorrendo il
GELGV organizza l'affascinante "Concerto in Grotta", con ingresso gratuito. In
questa occasione bravissimi musicisti e coristi, grazie anche all'ottima
acustica della Grotta, all'atmosfera particolare dell'ambiente ipogeo e al
gradevole suono dell'acqua, danno vita ad un evento unico nel suo genere, ricco
di magia ed emozione.
Poco oltre l'"Angolo dei Cristalli" si apre il "Ramo della Faglia", riservato
agli speleologi; al suo interno si cammina in mezzo ad un'imponente faglia, tra
stalagmiti che se illuminate risplendono nel buio come torce, bianche velette e
"spaghetti di vetro", esilissime stalattiti talmente sottili e trasparenti da
vedere l'acqua che scorre pian piano nel canalicolo interno. Superata questo
punto arriviamo nella maestosa "Sala del Gran Portone", dove un imponente arco
naturale, oltre il quale l'altissima galleria presenta scintillanti colate
calcitiche che scendono lungo le pareti, segna la fine del percorso turistico.
Appena più avanti, sul pavimento della galleria, si erge la "Torre di Pisa",

una grossa stalagmite formatasi su un antico
pavimento della grotta. La sua inclinazione sembra indicarci che la Grotta Nuova
prosegue e che ha ancora mille meraviglie da mostrarci e tante emozioni da
regalarci, se vorremo varcare quella buia soglia che si intravede in lontananza
e diventare un po'…speleologi, provando la bellissima esperienza dell'escursione
speleoturistica.
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