La Carnia
(Cjargne in friulano standard, Cjargna o Cjargno in friulano carnico), è un territorio appartenente alla regione storico-geografica del Friuli, i cui comuni, nell'ambito della regione autonoma Friuli-Venezia Giulia afferiscono amministrativamente tutti alla provincia di Udine. In epoca romana era conosciuta come parte della Carnorum Regio (la terra abitata dai Carni, descritta da Tito Livio e dava il nome a tutto l'odierno Friuli. Si trova nelle Alpi Carniche e comprende l'alto bacino del Tagliamento; confina a nord con l'Austria, a sud con la provincia di Pordenone, ad ovest con il Veneto e a est con il Canal del Ferro-Val Canale anch'esse in provincia di Udine. In Carnia vi sono 4 valli principali, ognuna attraversata da un torrente da cui prendono il nome. Le valli assumono anche il nome di canale (cjanâl), sottolineando così la loro conformazione stretta e allungata (tra parentesi la denominazione in friulano): Valle del But o Canale di San Pietro (Cjanâl di Sant Pieri) - Val Chiarsò o Canale di Incaroio (Cjanâl di Incjaroi) Val Degano o Canale di Gorto (Cjanâl di Guart) - Val Tagliamento (Cjanâl di Soclêf o Petecarie) accanto a queste vi sono poi altre valli di minor estensione: Valcalda (Valcjalde o Cjanâl di Monai) - Val Lumiei (Valade dal Lumiei) - Val Pesarina (Cjanâl Pedarç) Val Pontaiba (Val Pontaibe) Ciascuna di queste valli e gli omonimi torrenti confluisce nel fondovalle dove sorge Tolmezzo centro principale della Carnia. È costituita da fasce geologicamente differenziate, le montagne sono costituite da tre tipi di roccia: il calcare, la dolomia e la selce. La Carnia è attraversata dalle Alpi Carniche che si estendono dal Passo di Monte Croce carnico alla sella di Camporosso dove cominciano le Alpi Giulie, che si innalzano (nel versante italiano) tra il fiume Fella e l'alto Isonzo. La Catena Carnica Principale costituisce a nord il confine con l'Austria, a sud è delimitata dal torrente Pontebbana e, a monte di Pontebba, dal corso del Fella.
Il monte Coglians (2780 m) è la vetta più alta delle Alpi Carniche nonché la maggiore elevazione della regione.
Assieme al vicino gruppo della Creta delle Cjanevate forma un imponente massiccio montuoso sul confine con l'Austria. Le altre maggiori cime della Carnia sono: Monte Cridola 2.580 m - Monte Fleons 2.507 m -Monte Pramaggiore 2.479 m -Monte Bìvera 2.472 m - Monte Volaia 2.470 m - Creta Forata 2.462 m Monte Siera 2.443 m - Monte Tiarfin 2.417 m - Monte Crostis 2.252 m - Monte Sernio 2.190 m - Monte Tinisa 2.120 m -
Il fiume più importante è il Tagliamento, che nasce nei pressi dal Passo della Mauria (comune di Lorenzago di Cadore) a 1.195 metri d'altitudine.
Durante il suo lungo percorso attraverso la Carnia, il Tagliamento riceve l'acqua di 6 affluenti, provenienti tutti da sinistra: il But, il Degano, il Lumiei, la Pesarina, il Chiarsò ed il Monai, che danno il nome alle omonime vallate. Sono molto estese le foreste, costituite in massima parte da abeti, faggi e larici; i pascoli si trovano per lo più in alta quota, in pendii soleggiati ma non adatti all'agricoltura. La Carnia vanta numerose ricchezze naturali grazie all'assenza di grossi centri industriali e per l'attiva opera di tutela di enti ed associazioni ambientaliste. Vi sono 2000 specie vegetali, un migliaio di tipi di fungo, una cinquantina di tipi di orchidee. La vegetazione cambia con l'aumentare della quota. Fino a 400 - 500 metri di altitudine salgono i boschi di rovere e di castagni e le macchie e le colture della zona submontana; ben presto subentra la flora montana, che è per eccellenza la zona delle foreste: faggete, abetine e pinete. Al di sopra dei 1500 metri la vegetazione arborea si presenta piuttosto povera, gli alberi si fanno via via più radi, più piccoli e spogli, fino a raggiungere il limite altimetrico di crescita che in Carnia è a quota 1700 metri ed è il più basso di tutta la regione alpina. Oltre questa quota crescono cespugli, rovi, e verdissimi pascoli.In tarda primavera si può ammirare nei pascoli l'esplosione di colore dei rododendri, e genziane selvatiche. In Carnia sono presenti le seguenti aree protette: Parco naturale delle Dolomiti Friulane, sede a Forni di Sopra Parco intercomunale delle Colline Carniche, sede a Villa Santina Il clima è aspro, molto rigido in inverno e fresco in estate; è caratterizzato da venti impetuosi e abbondante piovosità. Rispetto alle altre zone delle Alpi, in Carnia troviamo un abbassamento dei limiti altimetrici di circa 400–500 m; così, ad esempio, se nelle Alpi Occidentali la vegetazione arborea cessa di crescere sopra i 2.300 m essa in Carnia smette già a 1.900m. L'abbassamento del limite altimetrico della regione arborea è dovuto al costante afflusso di correnti fredde nord orientali (vento burano) che dalle regioni siberiane e danubiane raggiungono la zona. Questi sono i 28 comuni della Carnia con le rispettive frazioni (accanto al nome italiano è riportato quello in lingua friulana):
Comuni Frazioni Amaro (Damâr) Ampezzo (Dimpeç) - Oltris, Voltois Arta Terme (Darte) - Avosacco, Cabia, Cedarchis, Lovea, Piano d'Arta, Piedim, Rivalpo, Valle Cavazzo Carnico (Cjavaç) Cesclans, Mena, Somplago Cercivento (Çurçuvint) Cercivento di Sotto, Cercivento di Sopra, Casali Comeglians (Comelians, Calgaretto, Maranzanis, Mieli, Noiaretto, Povolaro, Runchia, Tualis Enemonzo (Enemonç) Colza, Esemon di Sotto, Fresis, Maiaso, Quinis, Tartinis Forni Avoltri (For Davôtri, Collina, Collinetta, Frassenetto, Sigilletto Forni di Sopra (Fôr Disore) Andrazza, Cella, Vico Forni di Sotto (Fôr Disot) Tredolo, Baselia, Vico Lauco (Lauc) Allegnidis, Avaglio, Buttea, Chiassis, Trava, Vinaio Ligosullo (Liussûl) Murzalis Ovaro (Davâr) Agrons, Cella, Chialina, Clavais, Cludinico, Entrampo, Lenzone, Liariis, Luincis, Luint, Mione, Muina, Ovasta Paluzza (Paluce) Casteons, Cleulis, Rivo, Timau Paularo (Paulâr) Casaso, Chiaulis, Dierico, Misincinis, Ravinis, Rio, Salino, Trelli, Villafuori, Villamezzo Prato Carnico (Prât) Avausa, Croce, Osais, Pesariis, Pieria, Pradumbli, Prico, Sostasio, Truia Preone (Preon) - Ravascletto (Ravasclêt, Salars, Zovello Raveo (Raviei) Esemon di Sopra Rigolato (Rigulât) Givigliana, Gracco, Ludaria, Magnanins, Stalis, Tors, Valpicetto, Vuezzis Sauris (Zahre, La Màina, Latéis, Sàuris di Sotto, Sàuris di Sopra, Velt Socchieve (Soclêf) Caprizzi, Dilignìdis, Feltrone, Lungis, Mediis, Nonta, Priuso, Viaso Sutrio (Sudri) Nojaris, Priola, Zoncolan Treppo Carnico (Trep) Gleris, Siaio, Tausia, Zenodis Verzegnis (loc. Verzegnas) Chiaicis, Chiaulis, Intissans, Villa Villa Santina (Vile) Invillino Zuglio (Zui) Fielis, Formeaso, Sezza Tolmezzo (Tumieç) Cadunea, Caneva, Casanova, Cazzaso, Fusea, Illegio, Imponzo, Terzo Bisogna poi aggiungere a questi l'abitato di Alesso (Dalès) in comune di Trasaghis. Essendo il territorio della Provincia di Udine abbastanza vasto e composito, andando da territori montani al mare adriatico, sono forti le istanze autonomiste soprattutto da parte della Carnia, che vede in Tolmezzo il suo naturale capoluogo. Pertanto nel 2004 si giunse alla proposta della creazione di una provincia regionale, in base alla nuova legislazione sugli enti locali, da sottoporre a referendum popolare consultivo svoltosi domenica 21 marzo 2004. La nuova provincia regionale avrebbe dovuto chiamarsi Provincia dell'Alto Friuli, derivando dall'unione dei territori della Carnia, del Tarvisiano e del Gemonese. Per ovviare alle diatribe campanilistiche sulla sede del capoluogo, tra Tolmezzo e Gemona del Friuli, si optò per Venzone. Il referendum ebbe esito negativo, in quanto sia il Gemonese che il Tarvisiano si opposero al distacco dalla provincia di Udine con percentuali elevate (83,3% di no), a differenza della Carnia che invece votò in favore del distacco (71,8% di si, con l'eccezione del comune di Rigolato, 53,7% no). Non dimentichiamo che nel 2000 il maestro Giovanni Canciani, illustre musicista e uomo di cultura, ha composto il bellissimo "Carnorum Regio" - inno alla Carnia, eseguito più volte anche durante il periodo del referendum a cori uniti. La Carnia fu la prima regione in Italia ad avere un inno, molte altre regioni ne hanno seguito l'esempio. La Carnia è frequentata già nel Paleolitico Medio (122.000 anni da oggi) e nell'età del Ferro dai Veneti e da gruppi di stirpe celtica, da cui trae il suo nome. I Carni vissero per diverse centinaia d'anni nelle fertili pianure tra il Reno (Germania) e il Danubio dove abitavano altri popoli celtici. Intorno al 400 a.C., la crescita demografica, e la pressione dei popoli germanici, generarono un flusso migratorio verso sud. I Carni valicarono le Alpi attraverso il passo di Monte Croce Carnico e si stabilirono nell'odierna Carnia e nella zona pedemontana del Friuli, dedicandosi alla caccia ed alla pastorizia. Durante i rigidi inverni i pastori si spostavano con le loro mandrie, nelle pianure pedemontane. Erano anche abili nella lavorazione del ferro e del legno. I Carni erano comandati da un re e da una casta sacerdotale (i druidi). La prima data storica relativa all'arrivo dei Carni è il 186 a.C. quando circa 12.000 Carni, tra uomini armati donne e bambini, scesero verso le zone pianeggianti che utilizzavano per svernare e fondarono, su di un colle, un insediamento fortificato stabile, Akileja. I romani, preoccupati dell'espansione di questo popolo, nel 183 a.C. ricacciarono i Carni oltre le Alpi, e fondarono una colonia a difesa dei confini del nord-est. Il nuovo insediamento venne chiamato Aquileia rifacendosi al nome del precedente insediamento antico - Akileja-. I triumviri fondatori della colonia furono Publio Scipione Nasica, Gaio Flaminio e Lucio Manlio Acidino. I Carni, per arginare l'espansione romana e per conquistare le fertili e più ospitali terre pianeggianti, cercarono alleanze con i Celti Istriani, Giapidi e Taurisci. Roma, a sua volta, avvertendo sempre più il pericolo incombente dei Carni e volendo accelerare la propria espansione, inviò a nord est le legioni del console Marco Emilio Scauro, che sconfisse definitivamente i Carni nella battaglia del 15 novembre 115 a.C. In seguito i Carni si sottomisero a Roma accettandone le imposizioni ed anche le concessioni. Intanto Aquileia accrebbe la sua importanza; divenne Municipium Romanum nel 90 a.C.; era un importante centro commerciale e artigianale, nonché principale porto sull'Adriatico e presidio militare. Alla figura di Giulio Cesare (proconsole della Gallia Cisalpina tra il 58 e il 49 a.C.) sono legate la fondazione di Tergeste (Trieste), Forum Iulii (Cividale) e Iulium Carnicum (Zuglio) che successivamente divenne sede vescovile. A Zuglio sono visibili i resti del Foro romano e a poca distanza è possibile visitare il Civico Museo Archeologico che si sviluppa su tre piani e ricostruisce la storia del territorio carnico, dalla Preistoria al Rinascimento, con particolare riferimento all'epoca romana. I durissimi colpi inferti dai Barbari all'Impero romano ebbero conseguenze anche in Carnia. La Carnia fu invasa dai Visigoti (410 d.C.), e poi dagli Unni di Attila (452 d.C.) che devastarono Aquileia e altre città sorte nella pianura. Gli Ostrogoti (489 d.C.) dominarono il Friuli e la Carnia per 60 anni. Alcuni gotismi sono rimasti nella lingua friulana. Nello stesso periodo gli Slavi riescono a penetrare dalla Carantania (Alta Carinzia) nelle Valli del Bût, del Degano e del Fella. Si affermano nella zona anche i Bizantini, che rafforzano i preesistenti presidi militari romani. Nel 568 d.C. i Longobardi, provenienti dalla Scandinavia, giunsero in Friuli guidati da Alboino con l'obiettivo di occupare la penisola. I Longobardi trasferiscono la capitale del ducato del Friuli a Cividale. Aquileia perde così la sua importanza politica. Diversi sono i reperti archeologici risalenti a questo periodo storico. Nella Chiesa di S. Pietro di Carnia sono tuttora visibili frammenti di scultura-architettura longobarda, inglobati in alcuni muri. Sono inoltre stati trovati orecchini e fibule a Forni di Sotto; orecchini di bronzo a Clavais; anelli di bronzo, pugnali e balsamari ad Ampezzo. Presso Cercivento in località Gjai ("bosco bandito" in longobardo) fu rinvenuto uno scheletro rivolto verso levante con il cranio appoggiato ad una grossa pietra. Nel 773 - fino al 952 - fu la volta del dominio franco; l'unica differenza per la Carnia è che i duchi longobardi vengono sostituiti dai marchesi e dai conti Franchi. Carlo Magno nel 798 dichiarò Salisburgo sede metropolitica per le terre settentrionali. Nel 811 la Drava venne dichiarata nuovo confine tra la giurisdizione di Salisburgo e il patriarcato di Aquileia sempre ad opera di Carlo Magno. Nell'888 ebbe fine la dinastia carolingia e iniziarono le invasioni degli Ungari; i quali provenienti dalla regione danubiana distrussero e depredarono tutto, guadagnandosi una fama peggiore degli Unni di Attila. Nonostante le invasioni ungare la Carnia visse un periodo di ripresa economica e incremento demografico grazie alla sua posizione geografica: isolata e ben protetta dai monti non venne saccheggiata. Attorno al 1000 verranno creati la Gastaldia (Giurisdizione civile) e i due Arcidiaconati (Giurisdizione ecclesiastica): quello di Gorto (sottoposto all'Abbazia di Moggio) e quello della Carnia. Nel 1077 venne ufficialmente riconosciuto lo Stato Patriarchino Aquileiese, sorto per opera dell'imperatore tedesco Enrico IV. In un periodo storico dove fiorivano i Comuni e le Signorie le cui vicissitudini caratterizzarono il Medioevo, la Carnia visse un periodo di autonomia e indipendenza. Lo Stato Patriarchino durò 343 anni, esso presenta i caratteri di uno stato feudale di stampo germanico, a capo del quale vi è un Principe-Vescovo, il Patriarca di Aquileia. La lingua ufficiale per il documenti era il latino; il tedesco è l'idioma delle classi altolocate e della corte del Principe-Vescovo. Il popolo parlava il friulano con tutte le sue varianti locali derivanti dall'assorbimento dei vari idiomi degli invasori che nei secoli si sono susseguiti. Il 1420 segnò la fine dello Stato Patriarchino Aquileiese. Il 4 giugno di quell'anno Udine si arrese alla Repubblica Veneta, che soggiogò anche la Carnia e la ridusse a provincia nel contesto della Terraferma, dopo quasi 400 anni di germanizzazione temperata sempre della Chiesa cattolica di Aquileia. Il Patriarcato di Aquileia continuò ad esistere fino al 1751 esclusivamente nella sua forma ecclesiastica, retto da patriarchi veneti. Nel corso dei secoli XV e XVI la Carnia, assieme al Friuli sottostante, venne ripetutamente razziata dalle armate irregolari turche (in realtà si trattava probabilmente di bosniaci), utilizzate dall'Impero ottomano per tenere una spina nel fianco alla Serenissima con incursioni quasi annuali in una terra che, pur scarsamente difesa poiché considerata quasi colonia da Venezia, rientrava pur sempre nei territori della Repubblica. In questo contesto avvenne la battaglia del Cason di Lanza (1478) in cui le popolazioni locali affrontarono e sconfissero gli incursori turchi in uno dei pochi episodi di resistenza organizzata del periodo. Dal 1814 al 1866 la Carnia fu sotto il dominio austriaco, poi dopo la terza guerra di indipendenza, il 21 ottobre 1866, il Friuli e la Carnia furono annessi all'Italia, seguendone le vicende storiche, come la partecipazione alle sanguinose guerre del 1915-18 e del 1940-45, oltre che a tutte le vicende coloniali in Africa. Molti dei sentieri montani tuttora utilizzati, risalgono alla prima guerra mondiale ed è ancora possibile individuare i resti dei fortini e le feritoie. Trovandosi al confine tra Regno d'Italia e l'allora Impero Asburgico divenne zona di guerra. Il settore di fronte compreso tra il Monte Peralba e il Monte Rombon costituiva la "Zona Carnia" a comandare la quale fu posto il generale Lequio; al 24 maggio 1915 vi erano dislocati 31 battaglioni (di cui 24 alpini). La zona Carnia aveva primaria importanza in quanto anello di congiunzione tra la 4ª armata del Cadore e la 2^ dell'Isonzo. Particolare importanza ebbe la zona del Passo di Monte Croce Carnico con le alture circostanti: Pal Piccolo, Freikofel, Pal Grande, dove alpini e alpenjagër condussero una guerra di trincea logorante. Sui monti carnici si combatté fino all'ottobre del 1917, mese in cui si verificò la rotta di Caporetto, e le truppe della Zona Carnia dovettero ripiegare. In seguito alla rotta di Caporetto, la Carnia dovette subire l'invasione austro-tedesca, che durò un anno intero;un anno che fu per la gente carnica pieno di miserie, privazioni e requisizioni. Durante la seconda guerra mondiale la Carnia fu zona di reclutamento privilegiato dei reparti alpini, impegnati sui fronti più diversi ed in particolare in Russia. Dopo l'otto settembre vi fiorì un'intensa attività partigiana, culminata nella proclamazione della Repubblica Partigiana della Carnia, con capoluogo Ampezzo, che per estensione fu la più vasta d'Italia. A causa dell'importanza strategica della zona, passaggio privilegiato tra la Pianura Padana e l'Austria grazie alla relativamente scarsa altitudine raggiunta dalle montagne ed all'accessibilità dei passi, la Repubblica Partigiana ebbe vita breve, venendo attaccata e distrutta da ingenti forze naziste e fasciste congiunte. Con l'avvento della repubblica, nella regione sono rifiorite istanze autonomiste, sostenute negli anni settanta anche da un politico nazionale di origine carnica, Bruno Lepre. Le Pievi della Carnia In Carnia esisteva nel passato un sistema territoriale organizzato sulle Pievi (da plebs, popolo), antiche chiese costruite a partire dal V secolo sotto la giurisdizione del Patriarcato di Aquileia e che trovavano nella Chiesa di Zuglio (Julium Carnicum) il centro principale di evangelizzazione e amministrazione specie a seguito delle invasioni barbariche. Le Pievi sorgono sovente in posizione sopraelevata e lontane dai centri abitati e questo consente di controllare i fondovalle e le principali vie di comunicazione oltre a consentire la comunicazione tra esse. Il loro ruolo preminente perde importanza con l'aumentare della popolazione e la costituzione delle parrocchie a partire dal XIV-XV secolo. Le Pievi storiche della Carnia sicure e documentate sono dieci: San Floriano di Illegio, costruita nel IX secolo inizialmente dedicata a S. Vito forse sui ruderi di una precedente costruzione sacra del III-IV secolo. La posizione è su un colle che domina la Valle del But da una parte e dall'altra la conca di Illegio. La festa è il 4 maggio. Santa Maria Oltrebut di Tolmezzo, sorta nel VI secolo su un colle tra gli abitati di Caneva e Casanova al di sopra del torrente But, a controllo dell'antica strada Julia Augusta verso Julium Carnicum e il Norico (Austria). La festa è il 15 agosto. Santo Stefano di Cesclans, menzionata in alcuni documenti del XII secolo (ma la sua fondazione risale almeno all'VIII secolo) e ristrutturata prima nel 1777 e poi a seguito del terremoto del 1976. Come per altre pievi della zona, nel Medioevo venne affidata alla giurisdizione dell'Abbazia di S. Gallo di Moggio. Poco fuori il paese di Cesclans, frazione di Cavazzo Carnico, è posta su un colle che domina l'altra frazione di Somplago e il comprensorio del Lago di Cavazzo. San Martino di Verzegnis, posta all'interno del paese di Villa di Verzegnis. Fondata attorno all'VIII secolo venne ricostruita nel XVIII secolo da Domenico Schiavi. Feste sono la prima domenica di ottobre e l'11 novembre. Santa Maria Maddalena di Invillino, posta su un colle (Colle Santino) poco sopra l'abitato di Invillino nel comune di Villa Santina. Venne costruita successivamente (tra l'VII e il IX secolo) al complesso del Colle di Zucca dove esisteva un luogo di culto paleocristiano, nel corso della riorganizzazione operata dal Patriarcato di Aquileia a seguito delle invasioni barbariche. Santi Ilario e Taziano di Enemonzo, risalente all'XI-XII secolo venne ristrutturata nel corso del Settecento. Santa Maria Annunziata di Socchieve, in località Castoia tra Socchieve e la frazione di Nonta. Forse inizialmente dedicata a S. Stefano che ne fa retrocedere la data di fondazione rispetto al primo documento che ne parla attorno al 1212. Sempre a Nonta venne costruito un castello a difesa delle vie di comunicazione verso il Cadore. Da essa dipendeva anche la Chiesa di Ampezzo poi distaccatasi e resa autonoma. Santa Maria del Rosario di Forni di Sotto, ubicata nella frazione di Vico, era inizialmente intitolata a S. Martino in epoca longobarda (VI-VII secolo). Festa: prima domenica di ottobre. Santa Maria di Gorto di Ovaro, assieme alla Pieve di S. Pietro in Carnia è una delle più antiche, forse del V secolo in stretta relazione con la Chiesa del Col Santino. In origine venne costruita più a ridosso del torrente Degano; a seguito di un incendio venne costruita più in alto su un colle che domina l'intera vallata e la conca di Ovaro. San Pietro di Zuglio, di data incerta di fondazione era la chiesa rappresentativa dell'antica Diocesi di Zuglio soppressa nel V secolo. Eretta su un colle sopra il Torrente But attorno al IX secolo (l'impianto della chiesa attuale risale al 1312) da essa si possono ammirare la Pieve di S. Floriano ma anche quelle di Ognisanti in Sutrio e di S. Daniele in Paluzza. Festa principale è la celebrazione del tradizionale Bacio delle Croci, nella domenica dell'Ascensione, dove le croci di tutte le chiese succursali si accostano alla croce della chiesa madre. Forni Savorgnani Gli edifici caratteristici di questa zona presentano solide pareti in legno squadrato (blockbau) costruite su un basamento in muratura, abbondanza di sovrastrutture in legno quali ballatoi e scale esterne. La presenza di questi ballatoi è dovuta alla situazione climatico - ambientale della zona: l'allevamento dei bovini, infatti, assai sviluppato, richiedeva grandi quantità di fieno. Poiché i tagli avvenivano sul finire della stagione, c'era la necessità di fare l'essiccamento sul ballatoio, anziché sui prati, data la stagione umida. Il ballatoio serviva anche a far maturare artificialmente i cereali come il granoturco. Sauris L'abitazione caratteristica di Sauris è solitamente staccata dal rustico, e si compone in più piani. Al piano terra c'è un vano ingresso o atrio preferibilmente centrale, dal quale si accede alla cucina, al tinello e a uno o due locali, posti a monte, che fungono da cantina. Attraverso una scala di legno si sale al primo piano, dove si trovano uno o più corridoi dai quali si accede alle camere da letto e ai ballatoi (in questi troviamo spesso una latrina). Per un'altra scaletta di legno si accede al sottotetto, dotato di abbaino, nel quale vengono conservati i prodotti dell'agricoltura e gli attrezzi, ma non il fieno. I materiali da costruzione sono la pietra e la calce per i pianterreni, tronchi squadrati e incastrati tra loro per i piani superiori (blockbau).
La copertura dei tetti, tutta e sempre in scandole di legno, è simile a quella utilizzata nella zona di Forni; in autunno sopra le scandole vengono disposte assi molto lunghe, fermate da ciottoli e pietre, perché tengano ferme le assicelle sotto il peso della neve. Canale di Gorto Un accesso più facilitato alla Valle del Tagliamento e i valichi hanno permesso alla Val Degano di sviluppare maggiori contatti con le vicine popolazioni delle valli situate a oriente e occidente, e questo ha portato a evidenti influssi sull'architettura della zona. La casa tipica di questa valle è una costruzione rettangolare, in muratura, senza sovrastrutture in legno, a due o tre piani, con scala interna preferibilmente in legno. Si differenzia da quella tipica della Val Tagliamento per aver il tetto a due grandi spioventi molto inclinati e nei lati più corti della casa altri due spioventi mozzi molto piccoli. Il tetto è coperto di tegole Bieberschwanz, introdotte a partire dal secolo XVIII. Il rustico è generalmente separato dall'abitazione. La tipica casa carnica della zona della casa centrale è quella a loggiati, che risente dell'influenza veneta ed è caratterizzata da una serie di ampi archi che formavano appunto grandi loggiati e sottoportici, i quali non avevano solo funzione decorativa ma servivano anche ad accogliere le attività lavorative degli abitanti. Solitamente una casa possiede due o tre loggiati al piano terra che corrispondono spesso ad altrettanti archi al piano superiore. Il sottoportico è collegato al primo piano da una scala interna in pietra. I locali sono così disposti: al piano terra gli ambienti in cui si vive (cucina e talvolta una sorta di tinello) e si lavora, o un tempo si lavorava (legnaia, deposito attrezzi); al piano superiore trovano posto le camere da letto; quindi nel sottotetto, si trova il solaio. Oggi la Carnia conta circa 40.000 abitanti; nella sola Tolmezzo ne risiedono circa 10.500; gli altri risiedono nei paesi sparsi per le vallate. Nel periodo successivo all'unione d'Italia fino al secondo dopoguerra, la Carnia ha visto un vero e proprio "esodo" dei suoi abitanti verso le città della pianura, verso la Francia, la Germania e verso le Americhe. Quest'ondata emigratoria, dovuta alla prospettiva di una vita più facile e più sicura, unita alle scarse risorse fornite dalla montagna e alla carenza di industrie, fu la causa del progressivo spopolamento delle valli carniche. Il territorio montuoso e il clima rigido non sono favorevoli ad uno sviluppo agricolo tale da costituire una voce importante nell'economia della regione; si riescono a coltivare in prevalenza patate (cartufules), fagioli (fajuis) e mais (sorch), da cui si ricavava la farina da polenta. L'allevamento è fiorente; a livello familiare si allevano galline (gjalines) e tacchini (dindis). Importante è l'allevamento dei bovini da latte dal quale si ricavano diverse varietà di formaggio (čuč o formadi), ricotta affumicata (scuete fumade) e burro (spongje e ont burro cotto), che in piccola parte viene anche esportato fuori dalla regione. Si allevano inoltre suini, anche in questo caso in allevamenti a conduzione familiare, con la cui carne si produce in prevalenza salame (salamp), speck, salsicce (luanie), un insaccato simile al cotechino, ma più magro (muset), pancetta (panzete), lardo (argjel) e braciole (brusadule): tutti i prodotti vengono affumicati (fumâts) secondo un'antica tradizione che aveva lo scopo di conservare a lungo i prodotti. Famoso a livello regionale è il prosciutto crudo di Sauris anch'esso affumicato. Le industrie principali sono quelle relative allo sfruttamento del legname (segherie, falegnamerie, mobilifici), vi sono inoltre fabbriche di occhiali, orologi e cartiere. Nonostante le maestose vette dolomitiche, le amene vallate e i caratteristici paesini, i numerosissimi e ben tracciati sentieri CAI (lungo i quali in alcune zone è possibile ammirare i resti dei fortini della grande guerra) e rifugi alpini ben attrezzati, la Carnia non è meta del turismo di massa che invade invece il vicino Cadore. Tuttavia sono abbastanza numerose le strutture alberghiere e di ristorazione ed il turismo sta divenendo sempre più una voce di particolare rilevanza nell'economia carnica. Personalità legate alla Carnia : Siro Angeli, Pietro Brollo, Gianni Cosetti, Giorgio Ferigo, Nicolò Grassi, Bruno Lepre, Pio Paschini, Jacopo Linussio, Luigi Maieron, Dante Spinotti, Lino Straulino, Maurizio Ganz, Fermo Solari, Giovanni Canciani, Cristiana Compagno, Manuela Di Centa, Giorgio Di Centa, Alessandro Pittin, Renzo Tondo, Leonardo Zanier.... La cucina tipica carnica è una cucina per lo più povera, a causa della scarsezza dei generi alimentari un tempo reperibili in Carnia. In questo territorio montano infatti pochi sono i terreni adatti all'agricoltura. I piatti principali sono quindi la polenta, che per anni ha permesso la sopravvivenza in montagna, e le minestre, necessarie in un clima rigido. La minestra era spesso piatto unico, talvolta cremosa, con pane raffermo e aggiunta di farinate. Le due minestre "classiche" sono quella di fagioli e la jota. A Sutrio la minestra di fagioli è detta dal disesiet (del diciassette) anno dell'invasione austroungarica, perché in quell'anno di miseria era l'unica pietanza disponibile. Piatto tipico per eccellenza sono i cosiddetti Cjarsons, sorta di "agnolotti" ripieni di erbe e spezie conditi con burro fuso e ricotta affumicata, tra i primi troviamo anche gli gnocchi in vario modo come quelli di zucca gialla e i Canederli; il frico. Non va poi dimenticata la carne, in modo particolare quella di maiale. Del purcît non si buttava nulla: sangue, interiora, cotenna, tutto veniva utilizzato ed era una grande festa in paese quando venivano uccisi i maiali, tra dicembre e gennaio. Un tempo le erbe spontanee della Carnia erano esportate in tutto l’Impero. D’inverno i cramars (da krämer, mercante) partivano con in spalla il tipico zaino a forma di armadietto, per commerciare il prodotto secco. Quando poi tornavano, a primavera, la leggenda vuole che le donne svuotassero i cassettini dalle briciole rimaste, per preparare gustose minestre e frittate. Ma la raccolta delle erbe, in quest’angolo verde del Friuli, ha dato vita a una complessa cultura, che presenta anche risvolti magici, come nel caso del mac de San Zuan, il mazzo di San Giovanni, che si raccoglie all’alba del solstizio d’estate e ha virtù magiche per scongiurare eventi negativi. Sette valli (Val Tagliamento, Val Lumiei, Val Degano, Val Pesarina, Valle del But, Valcalda e Valle del Chiarsò) nel cuore verde del Friuli, e un gran numero di minuscoli paesi, rimasti legati a tradizioni millenarie perché isolate per secoli. Una zona verde e riposante, con una storia di povertà contadina alle spalle e un forte legame con le tradizioni. Una di queste è legata alle erbe e all’uso che se ne fa in cucina e nella medicina popolare. Tra maggio e giugno in queste valli si raccolgono diverse centinaia di erbe spontanee, usate poi nella preparazione di piatti o prodotti vari. Trovarle è facilissimo, basta uscire nei prati; ma le persone che le sanno riconoscere, ne apprezzano le qualità e sanno come si usano in cucina sono sempre meno. La magia ha ancora una grande parte nella vita quotidiana dei paesi carnici. Nei dintorni di Forni di Sopra per due fine settimana consecutivi di giugno, si tiene la “Festa delle Erbe di Primavera”, durante la quale ogni ristorante propone piatti a base di erbe e vengono allestiti mercatini di erbe fresche e secche. A Ravascletto, la località più “montana” della Carnia, si tiene la “Festa del Solstizio d’estate”, quella in cui si raccoglie il mazzo di San Giovanni. Alle donne erano affidati i lavori nei campi e negli orti, quando i mariti salivano per l’intera estate agli alpeggi o emigravano stagionalmente, in veste di cramars, ed erano esse le depositarie delle conoscenze botaniche che poi riversavano in cucina sotto molte forme. Erbe come lo sclopìt, che si chiama così perché la sua infiorescenza a forma di campanella viene fatta scoppiare dai bambini che giocano nei prati, servono anche per la preparazione di risotti e ravioli. I fiori di sambuco, avvolti nella pastella, diventano ottime frittelle, ma anche l’erba cedrina, il tarassaco, il radicchio di montagna (difficile da raccogliere perché cresce vicino ai dirupi), la melissa, l’erba Luisa, la menta, l’achillea per i crostini, la cicerbita, il timo serpillo da mangiare con la carne, il kere (silene) trovano un posto nella cucina tradizionale. Fresche, le erbe si conservano per pochi giorni, ma scottate e poste sott’olio si utilizzano per tutto l’inverno; oltre all’uso in cucina, finiscono in infusione nelle grappe e servono alla preparazione di sciroppi o marmellate, come la confettura di mele e olivello (una bacca che cresce nel greto dei fiumi). Il periodo di massima fioritura spontanea va da fine maggio a fine giugno: per tutta l’estate, però, si possono gustare le erbe, secche o conservate. L’occasione migliore è la “Fiesta tas Corts” di Ravascletto, che si tiene nella seconda metà di agosto, quando protagonisti sono i cortili (le corts), aperti per amici e visitatori che vengono invitati a entrare e assaggiare le ricette tipiche. La Carnia riserva sorprese
inaspettate dalle sue profonde vallate (Val Degano, Val Pesarina, Val
Tagliamento, Valle del Lumiei, Valle del But, Valcalda, Canale d'Incarojo, che
confluiscono nell'ampia conca di Tolmezzo), dai suoi boschi rigogliosi e dalle
sue alte vette. E' una della aree meglio preservate dell'arco alpino ed ha
saputo svilupparsi in sintonia con la natura, senza aggredire l'ambiente, nè
intaccare usi e tradizioni, che costituiscono il radicato patrimonio culturale
della gente di montagna. Qui il turismo rimane a dimensione d'uomo, senza
eccessi nè affollamenti, ma con strutture e servizi di ottimo livello. I suoi monti sono splendidi e fra essi spicca il Coglians (2.781 m.), il più alto della Regione. Le Prealpi e le Alpi Carniche - naturale proseguimento delle Dolomiti del vicino Veneto- contano sentieri e ferrate che portano a rifugi in quota, ideali per escursioni e arrampicate.
Lauco
Raveo
Forni di Sopra, Forni di
Sotto, Sutrio, Sella Chianzutan (Verzegnis) a quello tracciato ai laghetti di
Paluzza, utilizzato anche dalla ex campionessa del mondo e olimpionica Manuela
Di Centa, che proprio da questi paesi proviene. Inoltre, a Forni Avoltri si trova la sede del Centro internazionale di biathlon e per gli appassionati del fuori pista numerosi itinerari portano a una serie di rifugi in quota. Tolmezzo
capoluogo della Carnia, nell'epoca medioevale fu un borgo fortificato con castello su un'altura (del quale rimangono alcuni ruderi) e nel 1258 ebbe dal patriarca Gregorio di Montelongo la concessione del mercato. Tracce dell'importanza di Tolmezzo fin dal passato sono ancora evidenti nei palazzi, nelle chiese, nelle piazze, nelle strade porticate del centro storico, dal Borgàt, il borgo più antico, a piazza XX Settembre, su cui si affacciano il duomo settecentesco e il municipio. A Tolmezzo il Museo Carnico delle Arti Popolari "Michele Gortani" comprende una collezione etnografica fra le più complete in Europa e ripercorre la vita e le tradizioni in Carnia dal XIV al XIX sec. attraverso la ricostruzione di ambienti domestici e di lavoro con oggetti, arredamento e vestiti. Per ritrovare la perfetta forma fisica Arta Terme consente di trascorrere rigeneranti "vacanze-benessere" all'insegna della natura (la località, pur essendo a soli 442 metri di altitudine, presenta pure la singolarità di una vegetazione di alta montagna). Gli effetti benefici della Fonte Pudia, che fornisce le acque allo stabilimento termale, erano conosciuti fin dal tempo dei Romani, che proprio nelle vicinanze avevano fondato Iulium Carnicum, l'odierna Zuglio. Alle cure termali ricorse pure Giosuè Carducci, che proprio al ritorno da Arta scrisse Il comune rustico. Ideali per combattere le affezioni delle vie respiratorie, le malattie del fegato e della pelle, le artriti e le artrosi, le acque di Arta sono molto efficaci anche per far ritrovare agli atleti la forma più smagliante. Oltre alle cure tradizionali, alle terme funzionano moderni reparti per l'estetica, la medicina preventiva e il fitness. Da segnalare ad Arta pure la gastronomia tipica, le attività sportive e le passeggiate seguendo itinerari naturalistici e storico-artistici. Zuglio, fondata alcuni decenni prima di Cristo, fu vicus, municipium e quindi colonia romana: assunse un rilievo sempre maggiore per la sua posizione strategica, che permetteva di controllare la strada detta Iulia Augusta verso l'impervio passo di Monte Croce Carnico che conduceva alle regioni del Norico. A Zuglio gli scavi hanno messo in luce i resti del foro romano, di una basilica, di un tempio, delle terme. Molti reperti preistorici, preromani, romani e alto medioevali sono stati collocati nel Museo Archelogico Iulium Carnicum. Sul colle che domina Zuglio che nei primi secoli della Cristianità fu anche sede vescovile, si staglia la Pieve di S. Pietro, la più antica della Carnia (genericamente
menzionata fin all'808). Forni di Sopra
dominata dalle splendide vette delle Dolomiti orientali, ha una situazione geoclimatica del tutto particolare, che le garantisce d'inverno un buon innevamento e d'estate il clima e la fioritura d'alta montagna. E proprio i suoi fiori e le sue erbe - le cui proprietà curative e culinarie erano sfruttate fin dai tempi della Serenissima - sono alla base della gustosissima cucina, che viene messa in risalto durante la Festa delle erbe di primavera che tradizionalmente apre la stagione turistica estiva. Forni ha un caratteristico centro storico e molte strutture sportive. E' inoltre una località di villeggiatura particolarmente adatta alle famiglie con bambini per i quali un sentiero è stato appositamente attrezzato. A Cella di Forni di Sopra è di considerevole importanza artistica la chiesetta di S. Floriano con un bel dipinto di Andrea Bellunello del 1480 e uno dei più famosi cicli di affreschi di Gianfrancesco da Tolmezzo (eseguito nel 1500). In zona, di quest'ultimo artista, si possono ammirare altri notevoli dipinti nelle chiese di S. Lorenzo a Forni di Sotto e di S. Martino a Socchieve, il paese natale di Gianfrancesco, dove merita vedere anche la pieve di S. Maria di Castoia innalzata sul colle in cui stava anticamente una fortificazione. Forni Avoltri
è ideale per chi ama le arrampicate in alta montagna, le escursioni ai rifugi, gli sport alpini e, d'inverno, il fondo e il biathlon, che si possono praticare nei suoi dintorni, dominati dal Coglians e dalle cime più alte delle Alpi Carniche. Ravascletto
è il centro della Valcalda, una delle più belle
della Carnia. Antico borgo dalle tipiche case in pietra, è conosciuto per gli
impianti da sci del suo comprensorio e per l'ottimo livello della sua
ristorazione: i piatti proposti sono quelli - semplici e genuini, ma
gustosissimi - della tradizione carnica, affinati e interpretati con gusto e
fantasia. La ricerca della tradizione, a Ravascletto, non la si trova soltanto
in cucina e durante la manifestazione Fiesta tas corts - Savors di una volta
(terza domenica di agosto), ma anche in una serie di belle e inconsuete
iniziative come la Storia dello sci e la Festa del solstizio d'estate. Per
escursioni è particolarmente indicata la strada, asfaltata e non, Panoramica
delle Vette che da Ravascletto conduce a Tualis (Comeglians) e quindi gira
intorno al monte Crostis (m. 2.251). Sutrio,
nei cui cortili si tengono importanti mostre di lavori artistici in legno. Circondata da una corona di monti che ne ha determinato per secoli l'isolamento, Sauris - Zahre,
secondo l'antica parlata locale di lontana origine germanica) è il comune più alto del Friuli - Venezia Giulia (1.000-1.4000 m.) e uno dei luoghi più affascinanti della montagna friulana. Qui, infatti, sono stata mantenute intatte non solo le tipiche case in pietra e legno (gli stavoli), ma anche la lingua, le tradizioni e soprattutto la gastronomia (i cui prodotti più conosciuti sono il prosciutto, lo speck e la ricotta affumicati). Sauris salvaguarda e valorizza altresì il suo passato con l'attività del Museo etnografico e la riproposta di antiche tradizioni, come il Carnevale o il Mondo delle Malghe. Oltre allo sci, Sauris è particolarmente adatto per le escursioni a cavallo, in mountain bike e le arrampicate, oltre al windsurf e alla canoa che si possono praticare nel ridente lago artificiale all'ingresso della vallata.
Il principale centro della suggestiva e ampia Valle d'Incarojo è Paularo
con vari edifici storici di gran pregio: lo scenografico palazzo Calice-Screm del 1591, il settecentesco palazzo Mocenigo-Linussio-Fabiani, oltre a palazzo Calice di Villafuori derivato da una fortificazione medioevale. A Paularo la chiesa parrocchiale è innalzata su un poggio panoramico; da vedere anche la chiesa della frazione di Dierico per due opere del Cinquecento, l'altare ligneo e il ciclo di affreschi; e la cascata di Salino, assai suggestiva.
A Paluzza la chiesa di S. Maria ha un altare ligneo cinquecentesco con nove statue e in zona vi è pure la torre Moscardo, resto di un castello medioevale. Nella frazione di Timau. Timau (Tamau in friulano, Tischlbong in dialetto
timavese tedesco, Tischelwang in tedesco standard) è una frazione del comune di
Paluzza, in provincia di Udine. Il paese, che si trova a 830 m s.l.m. e conta
circa 500 abitanti, è un'isola linguistica tedesca dove si parla un particolare
dialetto carinziano medievale.A Timau si parla un dialetto germanico (tischlbongarisch),
appartenente alla famiglia dei dialetti sud-bavaresi, di tipo carinziano,
caratterizzato da un discreto numero di arcaismi, da un rilevante numero di
prestiti italiani e friulani, e da alcune soluzioni fonetiche tipiche delle
isole linguistiche tedesche a Sud delle Alpi, quali la pronuncia Belt al posto
del tedesco Welt (mondo), e Velt al posto del tedesco Feld (campo). Il timavese
ha una sua propria grafia, elaborata in loco dagli appassionati dell'Istituto di
Cultura Timavese; per le caratteristiche proprie del dialetto, e per i numerosi
prestiti friulani, tale grafia descrive numerosi suoni che non esistono né
nell'italiano, né nel tedesco standard. Durante il conflitto furono numerose le donne di Timau
che parteciparono alle attività belliche. Di Timau era anche la portatrice
carnica Maria Plozner Mentil, che nel 1916, mentre portava ai reparti in linea
viveri e munizioni venne colpita a morte da un cecchino austriaco, in località
Malpasso, poco sopra la Casera Pramosio. Le venne conferita la medaglia d'oro al
valor militare alla memoria. A lei è dedicata la caserma degli alpini di Paluzza
e la batteria comando e supporto logistico del 3º Reggimento Artiglieria
Terrestre (montagna).
il paese prima del valico confinario di Monte Croce Carnico, ricordano i combattimenti che si svolsero durante la Prima Guerra Mondiale il tempio ossario e il museo dedicato proprio alla Carnia nella Grande Guerra (sono possibili anche escursioni alle trincee scavate nelle montagne circostanti).
Le portatrici carniche
furono quelle donne che nel corso della
prima guerra mondiale operarono volontariamente, lungo il fronte della Carnia,
trasportando con le loro gerle rifornimenti e munizioni fino alle prime linee
italiane, dove molto spesso combattevano i loro uomini nei reparti alpini.
Non lontano, a 1300 metri di altitudine, è posto il castello di Valdajer (Ligosullo)
esistente già nel XV sec. e ricostruito dopo la distruzione del Primo Conflitto
Mondiale. Ad Ampezzo
oltre ai pregevoli dipinti della parrocchiale eseguiti nel Settecento dal famoso pittore carnico Nicola Grassi, è da vedere il Museo Paleontologico della Carnia. A Ovaro
nella pieve di S. Maria di Gorto, ricostruita nel 1431, è stata inglobata una parte dell'antico castello; nella zona si segnalano altresì per gli affreschi, le chiese di S. Vigilio di Ovaro, S. Pellegrino a Entrampo e S. Caterina a Luint e per gli edifici tipici palalzzo Micoli-Toscano di Mione. In Val Pesarina, oltre alla bellezza paesaggistica, sono rimarchevoli per la rustica architettura le chiese e le case di tutto il comune di Prato Carnico e in particolare quelle di Osais e di Pesariis. A Treppo Carnico, nella Pinacoteca De Cillia, sono esposte opere dei maggiori artisti friulani del Novecento. A Lauco c'è un'area archeologica e, sul monte, a Trava il pittoresco santuario della Madonna, molto noto nel passato. Vogliateci scusare per l'omissione di tanti altri paesi della Carnia tutti ricchi di storia e fascino.
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