Campanile di Val Montanaia

 

    

Il Campanile di Val Montanaia (2173 m) è una cima delle Dolomiti friulane. Appartiene al gruppo degli Spalti di Toro

   

 e si trova nell'omonima valle, nel comprensorio dell'alta Val Cimoliana, nel comune di Cimolais (Provincia di Pordenone).

È una guglia di bellezza spettacolare e selvaggia,

   

 alta 300 metri e con una base di 60 metri. Si staglia contro il cielo al centro della valle, in una posizione considerata unica al mondo perché nettamente separato dalle guglie dolomitiche costituenti l'anfiteatro circostante. È frutto dell'erosione alpina, in particolare quella attuata dai grandi ghiacciai che ricoprivano e conferivano la forma attuale alle vallate principali.

    

Sulla vetta si trova una campana di bronzo che fu portata in cima il 19 settembre 1926 da 22 alpinisti veneti. La campana reca inciso il motto Audentis resonant per me loca muta triumpho.

 

Alpinisticamente è conosciuto ovunque. È stato scalato per la prima volta il 17 settembre 1902 dagli alpinisti austriaci Wolf von Glanvell e Karl von Saar; il 7 settembre 1902 i triestini di N. Cozzi e A. Zanutti avevano superato il tratto più difficile dell'ascensione ("fessura Cozzi" di V grado di difficoltà). Cozzi e Zanutti che non erano però riusciti ad intuire il percorso successivo per la vetta. Le due comitive si incontrarono a Cimolais dove i triestini, molto sportivamente, diedero indicazioni sul percorso effettuato che risultarono molto utili alla cordata austriaca.

Questa via di salita, considerata la "normale", è ora un'arrampicata di media difficoltà ma che si svolge comunque su una parete molto esposta che ancora testimonia l'audacia dei primi salitori nel superare l'elegante passaggio chiave. Ora la salita è resa più sicura grazie a materiali, tecniche e preparazioni specifiche collaudate, ma non è assolutamente da sottovalutare. Il percorso più agevole per avvicinarsi ad ammirare il "Campanile" è attraverso la Val Cimoliana.

Tra il 9 agosto 1959 ed il settembre dello stesso anno gli alpinisti Plinio Toso "Orso" del Gruppo Rocciatori Gransi di Venezia ed il pordenonese Bepi Faggian aprirono una nuova e spettacolare via: La via degli strapiombi sul versante nord del campanile.

 

Il Campanile di Val Montanaia

di Mauro Corona

 

Nelle Dolomiti d’Oltre Piave, in una notte di mezza estate, l’appuntita montagna di calcare ci racconta la sua storia. Mauro Corona è un intervistatore d’eccezione: su di essa ha aperto due vie nuove e, da tempo, ha suonato per la centesima volta la campana di vetta.

Tutto quello che esiste sulla terra animato o inanimato che sia, l’uomo, gli animali, gli alberi, le rocce, l’acqua, le nubi, i prati , la neve, i deserti, le montagne, possiede una sua vita propria. Quindi anche un’anima che spesso comunica con noi. Molti non sono convinti di questo, altri navigano nel dubbio, la maggioranza non ci crede affatto. Forse coloro che s’aggrappano alla convinzione di credere sono spinti da ombre di solitudine, da incapacità di comunicare con gli altri, dalla paura della vita, della morte, dei giorni che passano, dalla noia. Ombre che non danno pace e che portano i più sensibili o fortunati a cercare nella natura la tranquillità che non trovano nel branco. Molti giovani pieni di illusioni affidano i loro pensieri al diario personale; classico esempio di come un oggetto possa animarsi e diventare amico. Personalmente non ho mai tenuto diari di carta, neanche ai tempi del "Don Bosco" quando quest’usanza era quasi obbligatoria. Fin da fanciullo ho affidato i miei problemi alle pagine di quel grande libro bianco che la natura mi offriva.      E ho trovato in essa quella protezione, quell’affetto e quella sicurezza che non ho avuto (o forse non ho mai voluto) da coloro che mi sono stati vicini. Ecco allora che montagne, boschi, prati, acqua hanno, per "necessità di comunicare" acquisito pensiero e voce e di conseguenza un loro carattere e una loro personalità ben definite. Non ho mai incominciato una scalata, una scultura, una corsa nel bosco, dormito all’aperto o quant’altro, senza prima aver fatto vivere con la fantasia la materia con cui venivo a contatto. Forse è un metodo per sottrarsi alla realtà. Antonin Artaud nel suo libro su Van Gogh afferma "Nessuno ha mai scritto o dipinto, modellato, costruito, inventato se non per uscire di fatto dall’inferno". Ho conosciuto in questo modo e nel corso degli anni montagne altezzose situate in California, imbronciati e poco socievoli picchi nella fredda Groenlandia. Qui da noi ho chiacchierato con la seriosa Civetta (ora non più cattiva come vent’anni fa). Con la vanitosa Marmolada che si crede la Claudia Schiffer delle cime, o con la signora Tofana che è convinta di esser nobile solo perché vive a Cortina. E così via con centinaia di monti.    A uno di questi però sono rimasto particolarmente affezionato e col quale recentemente ho avuto un lungo colloquio: il Campanile di Val Montanaia. Volevo conoscere la sua storia e così sono andato a trovarlo. Ho trascorso la notte ai suoi piedi. Una notte di marzo ancora fredda, ma che lasciava già intuire i segnali della primavera imminente. Dal sacco a pelo vedevo il suo profilo scuro. Seguivo con la fantasia le linee di salita che negli anni hanno segnato i suoi fianchi. Generazioni di alpinisti lo hanno avvicinato e accarezzato la sua roccia. Con gioia, con timore, con paura. Qualcuno l’ha pure odiato. Un simpatico e famoso alpinista friulano disse un giorno: "Scalerò quel ridicolo C… di pietra solo quando avrò ottant’anni".            Beato lui che è convinto di invecchiare.

Bello, ma ciò che faremo in futuro non dipende solamente da noi…….(continua)