Buja gioiello del Friuli! Attraverso i millenni ...

 

Incastonata come una pietra preziosa entro un semicerchio di colline moreniche, Buja deve la sua conformazione diversificata e meravigliosa ai movimenti orogenetici dell'Eocene, periodo geologico in cui emersero, dopo il ritiro dei ghiacciai, alcuni spuntoni di marne e conglomerati.

Il Paesaggio è caratterizzato dalla presenza di diversi rilievi (Monte, Zus, Urbignacco, Ponzale, Baldo, Masanet, Pravis) ed è attraversato da diversi corsi d'acqua, tra i quali il fiume Ledra ed il Rio Gelato ad ovest, Cormôr e Corno a sud-est. Connotati geografici vari e multiformi, questi, che caratterizzano il contesto territoriale e lo rendono attraente e suggestivo.

 

 

               

 

Il termine "Buja" trae origine, secondo gli studiosi, da "Buca", primo nome con cui il territorio e la comunità locali ebbero ad assumere un'identità, che identificarono un avvallamento situato nei pressi di Sottocostoia denominato Pidicuel tra tre colli ed ospitarono i primi insediamenti dell'uomo nell'età neolitica. Attraverso i secoli "Buca", "Buga" o "Boga" (altre modificazioni del toponimo nei secoli), vive una storia i cui indizi testimoniano presenze prelatine (soprattutto gallica), romana, longobarda e franca. La traccia più imponente dell'età preistorica è costituita dal Castelliere situato sull'estrema propaggine occidentale della pianura di Monte nei pressi di Vals, un manufatto di forma quadrata, le cui origini sono collocate tra il VI ed il VII secolo d. C.. Monte di Buja è il rilievo più cospicuo ed imponente del sistema orografico (m.335).

Considerevoli ed interessanti tracce dell'insediamento romano sono state rinvenute in alcune zone del territorio buiese; nel 1880 il ritrovamento di uno scheletro ha avvalorato l'ipotesi dell'esistenza di un sepolcreto, che costituisce la testimonianza più significativa dell'età longobarda,che nel 774 venne soppiantata da quella franca.

La prima documentazione scritta risale infatti al 983, anno in cui Ottone II di Sassonia conferma al Patriarca di Aquileia Rodoaldo il possesso di cinque castelli friulani, tra i quali figura quello di Buja. Già nel 792, però, "Boga" era stata nominata nel diploma di Carlo Magno in cui la Pieve di San Lorenzo in Monte  ( foto sottostanti ) veniva confermata all'autorità del Patriarca Paolino d'Aquileia.

 

Era l'epoca feudale, che fece conoscere al  Castello di Buja  periodi di autentico splendore, ma anche l'inizio di un degrado a partire dal terremoto del 1511. Anche la comunità locale ebbe sorte parallela, con momenti di splendore, democrazia e civiltà, tanto da giungere alla ratifica in una pubblica assemblea gli "Statuta Communitatis Bujae", documento di grande valore democratico e civile. Successivamente i Savorgnan ratificarono invece il passaggio del castello e della comunità circostante dal glorioso dominio di Aquileia a quello della Serenissima Repubblica di Venezia che vedeva, a Buja come in altri luoghi del Friuli, lunghi anni di decadimento economico e sociale, oltre al triste periodo dei processi di Inquisizione.

Successivamente, né la breve parentesi napoleonica, né il dominio austro-ungarico poterono risollevare economicamente le sorti della comunità, se non per brevi periodi in cui si insediarono alcune attività (bachicoltura, mulini e produzione di mattoni) che permisero di dare alcune risposte ai problemi della sopravvivenza, dovuti anche ad un forte incremento demografico.

Iniziò a questo punto il fenomeno dell'emigrazione nelle fornaci, che non cessò nemmeno dopo la nascita del Regno d'Italia, ma solo con il tragico avvento della Grande Guerra, che portò un grande lutto nella comunità. Fame, miseria e disoccupazione, eredità naturale delle guerre, portò a nuove ondate di emigrazione la cui destinazione geografica abbracciava ormai diversi paesi dell'Europa e anche quelli oltre l'Oceano.

Anche la Seconda Guerra Mondiale portò nuove vittime e miserie, che si stratificavano su quelle precedenti.

Il miracolo economico, benché giunto tardivamente rispetto al resto d'Italia, sembrò una leggenda: alcune nuove fabbriche, il ritorno degli emigranti, le case nuove davano finalmente la speranza di un futuro nuovamente sereno.

Ma il 6 maggio 1976 una nuova tragica prova attendeva Buja: un nuovo forte terremoto provocò 50 vittime e la distruzione pressoché totale di case, edifici pubblici, reti idriche e fognarie, in meno di un minuto!

Grazie alla solidarietà italiana ed internazionale e grazie al desiderio di rivalsa dei friulani Buja rinacque a nuova vita e oggi, ad oltre 25 anni di distanza, si presenta come una ridente cittadina le cui case sono incastonate in una natura di rara bellezza paesaggistica, un "piccolo eden", come la definì Angelo Menegazzi già nel 1894 nei suoi "Ricordi e note d'un villeggiante".

 

   

 

Oggi Buja è facilmente raggiungibile attraverso le principali vie di comunicazione: il territorio è infatti ben servito da una cintura di strade importanti, compresa l'autostrada A23 Udine-Tarvisio.

Dotata dei principali servizi che si addicono ad una cittadina del Terzo Millennio, Buja in realtà è un complesso di 49 tra borghi e frazioni che formano il territorio comunale, ma nessuna di esse porta il nome del paese. Perciò, quando i visitatori chiedono "Dov'è Buja?" i bujesi rispondono normalmente: "Buja è dappertutto ed in nessun luogo" - per tenere alta la curiosità sul loro paese. La frazione dove sono nato è  Madonna di Buja    ( foto sottostanti )

 

            

                 

Buja è anche terra di leggende, tra le quali spicca quella Buje, monede false... moneta falsa, che attribuisce ai bujesi, ovunque sparsi nel mondo, la fama di falsari. Notorietà che essi si sarebbero guadagnati con l'abilità di battere moneta e di beffare una non meglio precisata autorità politica, mettendo in circolazione soldi illegali.

E' storia, invece, il fatto che, nel 1918, dovendo affrontare la mancanza di denaro circolante, il Comune di Buja emise dei buoni cartacei convertibili in moneta legale.

 

E' realtà - e vanto - il fatto che alcuni tra i più grandi incisori di questo secolo sono bujesi e che Pietro Giampaoli e Guerrino Mattia Monassi furono a capo della Zecca dello Stato Italiano, uno dopo l'altro, dal 1936 al 1978, mentre medaglie e monete di artisti bujesi sono raccolte nelle collezioni di tutto il mondo. Ecco perché Buja rivendica il titolo di "Città d'Arte della Medaglia" ed

a tale specifico settore ha dedicato il primo nucleo del suo Museo. ( Foto sottostante )

 

       

Ma l'arte bujese non si limita a questo. Essa entra nelle case, che custodiscono medaglie, quadri, statue, composizioni, fotografie dei tanti artisti bujesi, come pure è entrata nelle chiese e negli edifici pubblici, per offrire a tutti l'opportunità di ammirare i risultati della creatività umana.

Inoltre, Buja è terra di cultura, con i suoi musicisti, poeti, scrittori, studiosi, che operano alacremente e nell'ombra e sono sempre disposti distribuire a piene mani le loro conoscenze, affinché queste diventino patrimonio di tutti.

Se tutti questi motivi non fossero sufficienti per vivere Buja si potrebbe illustrare il calendario delle manifestazioni ricreative, culturali, sportive che animano il paese durante tutto l'anno, tra cui al posto d'onore citiamo "Fieste di Primevere" (maggio/giugno) con l'ormai famoso toro allo spiedo, e SS. Ermacora e Fortunato (luglio), con la fiera cittadina e le tradizionali campane di San Ramacul.

 

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